Presentato nella sezione Acid del Festival di Cannes 2025, Put Your Soul on Your Hand and Walk è molto più di un documentario: è il racconto intimo di un’amicizia nata e coltivata a distanza, un dialogo tra due donne e due professioniste – la regista iraniana Sepideh Farsi e la giovane fotoreporter palestinese Fatma Hassona – che si incontrano attraverso uno schermo e costruiscono insieme un film. Il progetto nasce dalle loro videochiamate quotidiane durante un anno di guerra a Gaza: Farsi da Parigi, Hassona dalla Striscia.
A rendere il film ancora più struggente è il fatto che Fatma non ha potuto vederlo: è stata uccisa il 15 aprile 2025, insieme a parte della sua famiglia, in un bombardamento israeliano. Così il documentario assume anche il valore di una testimonianza postuma. Non è solo un’opera cinematografica, ma un gesto politico, una forma di resistenza.
Per Farsi, regista da anni costretta a lavorare in esilio dopo essere diventata persona non grata al regime iraniano, questo film rappresenta la prosecuzione di una carriera fatta di coraggio e denuncia. Già autrice di Teheran senza autorizzazione e The Siren, opere che indagano le ferite sociali e politiche del Medio Oriente, Farsi con Put Your Soul on Your Hand and Walk compie un ulteriore passo, anche stilistico: si affida all’ascolto, rinuncia al controllo dell’immagine e si fa tramite di una storia altrui, che diventa anche la sua.
La nostra Giulia P. ha avuto l’opportunità di incontrare la regista al Festival di Cannes, come raccontiamo oggi nella newsletter. Buona lettura!
Fatma Hassona in un fotogramma del documentario Put Your Soul on your Hand and Walk
Intervista alla regista Sepideh Farsi
«Quando ho saputo che il film era stato preso a Cannes ho chiesto a Fatma se volesse andar via da lì. Mi ha risposto con il suo solito sorriso: “Verrò al festival, poi torno. La mia Gaza ha bisogno di me”». La regista iraniana Sepideh Farsi quel giorno aveva telefonato a Fatma Hassona, come aveva fatto spesso durante tutto l’anno precedente. Avevano scambiato qualche convenevole e poi Farsi aveva annunciato alla giovane fotoreporter palestinese che il film realizzato a partire dalle loro videochiamate e dalle sue fotografie, Put Your Soul on your Hand and Walk, era stato selezionato nella sezione parallela del festival francese, Acid. Il giorno dopo la loro conversazione, il 15 aprile 2025, la casa di Fatma è stata colpita da un bombardamento israeliano, uccidendo lei e alcuni membri della sua famiglia. Aveva 25 anni.
«Se muoio, voglio una morte rumorosa», aveva scritto Hassona sui suoi profili social nei mesi precedenti. «Non voglio essere solo una notizia dell’ultima ora, o un numero in un gruppo. Voglio una morte che il mondo possa sentire, un impatto che resti nel tempo, e un’immagine senza tempo che non possa essere sepolta né dal tempo né dal luogo».
Sepideh Farsi, regista iraniana sgradita al regime di Teheran, l’aveva conosciuta virtualmente un anno prima, nell’aprile 2024: «In quel periodo ho deciso di andare al Cairo e cominciare a girare un nuovo progetto. Avevo iniziato a seguire anche altre famiglie palestinesi arrivate a caro prezzo in Egitto. Ma quando ho incontrato Fatma, è diventato subito chiaro che il film sarebbe stato su di lei». Due donne, due schermi, due mondi. Una a Parigi, in una casa silenziosa e lussuosa. L’altra a Gaza, tra blackout, razioni alimentari e sirene. Per un anno si sono viste e ascoltate e Farsi ha filmato quelle conversazioni senza troppi abbellimenti, tra difficoltà tecniche e la connessione che ogni tanto saltava. «All'inizio, l'idea era che Fatma mi mandasse immagini da Gaza, foto e video suoi. Ma subito le conversazioni video sono diventate il cuore del film». Dialoghi in cui non si parlava solo di guerra, ma anche di poesia, della scelta di indossare il velo e di viaggi. Quelli che Fatma sognava di fare, per lei mai uscita dalla Striscia. «Molte persone si sentono come me, sono preoccupate per quello che sta accadendo in Palestina», commenta Farsi, che incontra i giornalisti in un luminoso ufficio nel centro di Cannes. «Era un patto tra me e lei: lei condivideva la sua vita, io la mia. Volevo che anche lo spettatore sentisse questa relazione, su un piano di parità, sebbene vissuto da due prospettive emotive differenti».
Dopo la morte di Hassona, l’interesse della regista iraniana non si è esaurito: «Sono ancora in contatto con sua madre e la sua migliore amica. Ho ricevuto delle foto dei bambini che appaiono nel film: sono cresciuti, ma uno sembra denutrito. È straziante». Come per molti di noi, abitanti dell’Occidente, anche Farsi deve fare i conti con l’impotenza davanti alle immagini che ci arrivano da Gaza: «È orribile. Noi siamo qui, beviamo un drink, torniamo a casa. Dopo il festival temo che tutto questo venga dimenticato, e non avremo fatto nulla per loro». Il suo personale tentativo di aggiungere elementi a questa storia, una risposta a ipocrisia e orrore, è questo film. La morte di Fatma ha cambiato il senso di Put Your Soul on your Hand and Walk: «È come guardare un assassinio al rallentatore», prosegue Farsi. «Mi chiedo: se non avessi fatto il film, sarebbe successo lo stesso? Oppure il film ha avuto un ruolo nel farla diventare un bersaglio?». Un rapporto di Forensic Architecture, think tank con sede a Londra che collabora con istituzioni internazionali e organizzazioni non governative, tra cui le Nazioni Unite, Amnesty International e Human Rights Watch, per indagare ingiustizie e abusi sui diritti umani a opera di società o stati nazionali, conclude che la morte di Hassona sia il frutto di un attacco mirato all’appartamento dove la giovane donna viveva insieme alla sua famiglia. «Continuerò a promuovere il film, spero di portarlo anche in Italia», commenta con un sorriso amaro la regista. «Questo mi fa sentire vicina a lei».
Sepideh Farsi è nata nel 1965 a Teheran, Iran. Regista e sceneggiatrice, è conosciuta soprattutto per Teheran senza autorizzazione (2009), La casa sotto l’acqua (2010) e The Siren (2023). Il suo ultimo documentario, Put Your Soul on your Hand and Walk (2025), è stato presentato al Festival di Cannes.
Cose belle che abbiamo letto in giro
Il nostro bookclub da Verso Libri torna il 10 settembre, sempre alle 19:00. Il libro che leggeremo durante l’estate e di cui parleremo a settembre è Le bostoniane di Henry James. Ambientato a Boston nel 1876, racconta un curioso triangolo amoroso in cui i due cugini dell’alta borghesia Basil Ransom e Olive Chancellor si contendono l’amore della giovane femminista Verena Tarrant. Qui il gruppo Telegram per sapere come partecipare e restare sempre aggiornati sul nostro gruppo di lettura.
Una storica sentenza della Corte Costituzionale italiana per le coppie di donne che hanno figli concepiti all’estero.
Arriva oggi in libreria Storia dei miei peli di Lavinia Mannelli (66thand2nd), un’opera di autofiction che riflette sul mondo precario delle ragazze contemporanee.
E pochi giorni fa è uscito L’inventario dei sogni, il nuovo romanzo di Chimamanda Ngozi Adichie.
La mitizzazione di Goliarda Sapienza ha raggiunto l’apice.
Un libro sull’enigma dell’anoressia e la sua fascinazione secolare.
Londra non è un posto per Millennial.
Su D di Repubblica c’è una nuova rubrica dedicata alla maternità: Il quarantesimo giorno, firmata da Giulia Pilotti.
Un ritratto di Suso Cecchi d’Amico, una delle più importanti sceneggiatrici italiane.
Un modo per riequilibrare il carico delle faccende domestiche.
Sirens è una nuova serie Netflix che racconta le storie di tre donne accomunate dalla necessità di reinventarsi ogni giorno per sopravvivere.
A presto,
Vuoi darci una mano?
Senza rossetto è un progetto a budget zero. Tutto il lavoro dietro al nostro podcast e a questa newsletter è volontario e non retribuito, ma è un lavoro che richiede molte forze e anche qualche soldo. Se vuoi aiutarci a sostenere le spese di produzione, incoraggiarci o anche solo offrirci una caffè puoi farlo attraverso PayPal usando la mail info@senzarossettopodcast.it, oppure puoi impostare una donazione ricorrente sul nostro profilo Patreon. Ogni aiuto sarà per noi prezioso, quindi grazie!
Seguici!
Il nostro sito è senzarossettopodcast.it, ma ci trovi anche su Facebook, Instagram e Twitter.
Se invece hai idee da proporci, suggerimenti da darci, segnalazioni da fare (anche queste, per noi, sono importanti) scrivici all'indirizzo info@senzarossettopodcast.it. E se questa newsletter ti è piaciuta, girala ai tuoi amici!